[English version soon]
Cosa sarebbe la Street Photography senza persone al suo interno? Immagini, più o meno interessanti, di luoghi, strade, piazze. Il punto è: senza il “fattore umano” si può parlare di fotografia di strada? Per alcuni sì, io credo che invece sia un ramo diverso dello stesso albero. Un ramo che, personalmente, mi interessa relativamente, non è di questo infatti che volevo parlarvi (anche se un approfondimento sulla fotografia “paesaggistica urbana” potrebbe anche essere interessante, chissà). Torniamo a noi. Mi capita molto spesso di escludere una fotografia che ho scattato durante la giornata (oppure, ancora più spesso, non scattarla affatto) per il semplice fatto che la persona fotografata al suo interno non è abbastanza interessante. Magari va tutto bene: la luce, lo sfondo, la composizione, però la foto non è abbastanza buona per il semplice motivo che il passante che si trova al suo interno è quello sbagliato. Il punto è: nella Street Photography esistono personaggi buoni e personaggi sbagliati? La domanda forse è mal posta, ma la risposta ad ogni modo non è così semplice.
Una piccola parentesi. I passanti, gli ignari protagonisti delle foto di strada, possono essere chiamati in molti modi. A me piace molto l’idea di chiamarli “personaggi”, come quelli di un film o di una storia. In fondo che cos’è la fotografia di strada se non una storia da raccontare a chi la osserva?
A volte penso che siamo così influenzati dalle immagini del passato (penso alle foto di Cartier-Bresson o a quelle di Vivan Maier, tanto per fare un paio di esempi) da restare delusi dai personaggi del nostro presente. Voglio dire, a rendere stupende alcune foto di, non so, cinquant’anni fa, non sono anche i personaggi al loro interno? I loro vestiti così classici, così sobri, così inerenti alla storia che viene raccontata? Ovviamente sì, perché quella era la moda di un tempo, quello era lo stile. C’è una mia foto di un paio di anni fa che mi piace molto, ritrae un uomo sotto la pioggia, che cammina per via dei Pettinari indossando un lungo cappotto nero. Sembra una foto appartenente ad un’altra epoca. Eccolo, il punto: sembra un’altra epoca. Quindi ritengo che sia una bella foto perché somiglia ad una foto del passato, il personaggio fa pensare al protagonista di una foto scattata da uno dei maestri di una volta (il personaggio, non la foto, per carità) e per questo funziona. Sarebbe stata bella ugualmente se il personaggio sotto l’ombrello avesse indossato, che ne so, un bomber o avesse un look più moderno? No. Non so se mi sto spiegando bene, ma senza dubbio so dove voglio arrivare.
La Street Photography può avere molti significati. Da qualche anno si sta avvicinando sempre più alla fotografia artistica o, meglio, un altro ramo della Street sta seguendo la strada (scusate il gioco di parole) che conduce all’arte. Alcuni scatti premiati ai concorsi o ai festival sembrano sempre più opere d’arte che la gente vorrebbe appendere ai muri delle proprie case, per intenderci. Ma c’è un ruolo che la Street Photography ha dai tempi della sua nascita: raccontare il proprio tempo. Non c’è nessun genere fotografico così capace di raccontare il quotidiano come la Street: le foto di Cartier-Bresson e di Vivian Maier, tanto per seguire gli esempi precedenti, fanno esattamente questo, raccontano la Parigi o la Chicago del loro tempo. La mia fotografia di cui parlavo prima (e che potete vedere in fondo al post) riesce in questo intento? Probabilmente no, perché il suo personaggio non sembra appartenere al 2014 (anno in cui è stata scattata). Dove voglio arrivare? Ve lo dico subito. Come abbiamo detto più volte insieme ai ragazzi e alle ragazze di Roma Street Photography, nell’epoca in cui anche un ragazzino di 10 anni con uno smartphone può scattare tonnellate di fotografie, il ruolo di un fotografo di strada a Roma (come in ogni altra città) deve anche essere quello di raccontare il suo tempo e i suoi spazi, raccontando le storie della strada e i suoi personaggi, così come sono, con per esempio una grande scritta Nike sul petto o con un cellulare in mano, perché questo è il nostro tempo e noi forse abbiamo l’onore e l’onere di doverlo raccontare. Ok, questa frase suona un po’ presuntuosa e pretestuosa e mi scuso, ma il senso è più o meno questo. Non so se è una cosa che capita anche agli altri fotografi, ma io vorrei davvero smettere di inseguire personaggi che hanno l’aria di non appartenere alla nostra epoca per raccontare qualcosa di più inerente al 2017: forse adesso non mi sembreranno personaggi interessanti, ma tra venti o trent’anni il loro look sarà meravigliosamente “vintage”. Insomma, per concludere, il punto è: la fotografia viene prima di tutto. La storia che si racconta viene prima di tutto. Il personaggio può essere adatto o meno adatto, ma qualunque sia il suo aspetto, il suo abbigliamento, il suo comportamento, sarà comunque una testimonianza di quest’epoca e, se funzionale allo scatto, sarà esattamente ciò che dobbiamo cercare.
[Cerchi altra ispirazione? Raggiungici sul gruppo Living Is Easy With One Eye Closed]
